Sono molti i temi toccati da questo splendido libro. Fra tutti, desideriamo soffermarci su quello – a nostro avviso – maggiormente significativo. In questo libro si parla di bambini. I nostri bambini sono fortunati, sono dei privilegiati. Hanno tutto. In questo libro si parla di altri bambini, non altrettanto fortunati. I nostri bambini mangiano tutti i giorni e a volte si esibiscono in ogni sorta di capriccio.
La fotografia scelta per la copertina del libro ritrae il momento del pasto in un orfanotrofio di Kabul. Il momento del pasto perché, in questo orfanotrofio, i bambini mangiano una volta al giorno. Il menù? Un piattino di riso, sul quale vengono lasciati cadere un giorno dei pezzettini di carota, un giorno dei pezzettini di patata.
E’ poco. E’ maledettamente poco per dei bambini che devono crescere. Ma questi sono bambini fortunati. Hanno perso i genitori, vivono in un orfanotrofio fatiscente, mangiano (poco) una volta al giorno e per questo sono fortunati. I loro coetanei che vivono sulle strade di Kabul non sono così fortunati. Non fosse altro perché rischiano di alimentare il traffico internazionale di organi. Avete capito bene. Avete letto bene.
I nostri bambini possiedono molti vestiti e molte scarpe. I bambini di cui si parla nel libro solitamente possiedono un unico vestito, quello che indossano. Sporco, logoro, troppo grande, troppo piccolo. E non possiedono le scarpe. Camminano scalzi nella polvere e nel fango.
Ma la differenza più significativa è che i nostri bambini possiedono gambe e piedi sui quali indossare le scarpe. I bambini di cui si parla nel libro vivono in Paesi disgraziati, straziati da guerre interminabili, combattute nel disinteresse più totale della comunità internazionale.
Nel corso di questi conflitti sono stati deposti milioni di ordigni anti-uomo.
Quando un uomo salta su una mina, subisce gravi ferite alle gambe o perde l’uso dei testicoli. Non è difficile lo sforzo di immaginare, di commisurare le dimensioni ed il peso di un adulto con le dimensioni ed il peso di un bambino.
In questo libro si parla di bambini. La qualità editoriale è straordinaria. Il volume si compone di tre soli capitoli: a parlare di questi argomenti sono un medico, un ufficiale dell’esercito ed un giornalista. La trattazione viene affrontata da questi tre punti di vista e si può quindi ben comprendere come risulti davvero esauriente ed approfondita.
Massimiliano Fanni Canelles è dirigente medico di nefrologia. In una società – la nostra – in cui i valori sono l’egoismo, l’individualismo, il profitto, il vantaggio personale fregandosene se il nostro vicino sta male, utilizza le proprie ferie personali per recarsi all’estero, in Paesi dilaniati da guerre fratricide. Paesi nei quali, per un ferito, imbattersi in un medico occidentale può significare il confine fra morire o continuare a sopravvivere.
Danilo Prestia è un colonnello della Folgore. E’ un veterano di missioni di pace in teatri estremamente pericolosi, quali Somalia, Libano, ex Jugoslavia, Iraq ed Afghanistan. In Afghanistan ha ristrutturato due orfanotrofi in cui i bambini (soprav)vivevano in condizioni inimmaginabili, ha realizzato dei pozzi a favore di paesi sperduti sulle montagne, ha consegnato generi alimentari e vari altri materiali alle popolazioni locali. Una goccia nell’oceano. Ma questa goccia, il colonnello Prestia l’ha realizzata. E questo fa di lui un eroe.
Giorgio Fornoni è un giornalista famoso, ha realizzato reportage di grande valore in ogni angolo del mondo. Descrive in modo crudo, a volte cruento, ciò che lui semplicemente osserva, documenta, testimonia. Ci sferza quando ci pone di fronte alle nostre responsabilità per un mondo che naufraga verso valori sempre più lontani da quelli a cui siamo stati formati.
Il libro si apre con una lettera di don Antonio Mazzi, che non ha certo bisogno di presentazioni. Con il suo classico stile aggressivo e sanguigno, incurante delle conseguenze di ciò che afferma, don Mazzi attacca un certo modo di operare la cooperazione internazionale, più simile al business e meno ai concetti di solidarietà e volontariato disinteressato.
A completare l’opera vi è l’interessante prefazione curata da Carlo Romeo. Celebre giornalista, attualmente dirigente della Rai, Romeo ci conduce con sé sulle tracce dei cronisti di guerra. Il pezzo è chiaramente autobiografico ed in uno stile molto agile e dinamico non manca di spunti sorprendenti.
Tullio Ciancarella
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